In volo verso Arua

Niente da fare. Tocca prendere l’aereo. La mia voglia di lenta acclimatazione ad un Paese mi faceva sperare in un lungo viaggio in pullman… Ma niente. Qualche “esigenza organizzativa” che non ho ben capito ha deciso al posto mio. E il tragitto tra Entebbe ed Arua ce lo faremo in volo.

Siamo in tre, visto che (il fortunato) Gianluca dovrà farsi il viaggio via terra, insieme ai preziosi scatoloni pieni di medicine, vestiti, pannelli solari e roba varia, scroccando un passaggio ad un improbabile e baffuto personaggio di nome Benny, un italiano che vive in Uganda da 30 anni, con la sola compagnia della sua inseparabile pistola e dei suoi simpatici coltelli. Si dice che il caro Benny guidi come un pazzo suicida e fumi come una foresta in fiamme… Hmm, in fondo, tutto sommato, va benissimo anche l’aereo….

Però quando pensi alla parola “aereo”, ti aspetteresti appunto un aereo. Uno di quelli belli grossi e solidi voglio dire. Uno di quelli che hai già sperimentato più e più volte e che il tuo cervello ormai riconosce automaticamente come mezzo di trasporto “sicuro”.

Invece eccoci davanti ad un trabiccolo minuscolo, un aeroplanino da una ventina di posti.

Ok, cercando di vedere sempre il lato positivo, mi dico che la cosa si fa interessante, che almeno volerà basso… e potrò vedere quasi tutta l’Uganda dall’alto (prima di cadere…).

Altro fatto positivo: non puoi avere paura di perdere i bagagli. Praticamente li cacciano dentro insieme a te, sotto ai tuoi occhi; un po’ nella coda, un po’ nel muso, un po’ sotto i sedili.

I posti non sono assegnati. Appena ti siedi il posto diventa tuo. E quindi, già sulla pista, scatta la gara. Visto che sono in ballo almeno voglio il posto buono, voglio il finestrino! E con balzo felino salgo quasi per prima e conquisto 3 sedili (e due finestrini).

La cabina di pilotaggio è aperta, comunicante, stile autobus. C’è addirittura un cartello su cui c’è scritto (immagino) di non parlare al conducente. Quando tutti sono saliti il pilota si gira e fa: “Tutto ok? Possiamo andare?” (Mah, lo chiedi a me?!?).

E si va.

Mamma mia… è bellissimo, altro che pullman. Quell’aggeggio decolla proprio sul lago Vittoria. Il cielo è pulito, il sole è forte, qualche raggio trapassa le nuvole più alte e cade a raggiera su una distesa infinita di acqua. Non ditemi che quello è un lago, proprio no. Quello è un mare, di acqua dolce forse, ma un mare. Non si vede la fine. Uno specchio placido, immenso, scuro, scosso dai riflessi e dai vapori umidi del mattino. Là in mezzo sorge il Nilo. Ma è un Nilo ancora così piccolo che sembra ridicolo pensare che abbia mezza Africa sul suo cammino…

Voliamo bassi, si vede tutto. Seguiamo il Nilo verso nord, sorvolandolo più volte, nel suo intreccio di anse, pozze isolate, paludi e curve morte fino al lago Albert, altra sfacciata distesa d’acqua, oltre cui si intravedono i monti del Congo…

Da qui sembra verde, l'Uganda. Sarà per via di tutta quell'acqua...

Strade di terra rossa su una trapunta di vegetazione. Niente città, niente auto. Solo capanne nere e tanta gente che cammina..

Dopo un po' il paesaggio cambia, diventa più secco. Siamo su un tappeto di erba alta e gialla, con qualche palma solitaria sparsa qui e là e un'incredibile quantità di termitai rossi, altissimi.

L'assistente di volo si gira e ci avverte che faremo una “fermata intermedia”.

Ok, e ora? Dove andiamo? Siamo in mezzo al nulla....

Ecco, esattamente lì. Atterriamo proprio in mezzo al nulla, su una minuscola pista di terra rossa circondata dall'erba e dai termitai. A bordo pista ci sono branchi di gazzelle (non ci voglio credere...) che corrono e saltano, parecchio infastidite dall'intrusione.

In fondo alla pista, una baracca. E una jeep, ad attendere i due bianchissimi olandesi seduti dietro di noi. Loro salutano con grazia, come fosse la cosa più naturale del mondo, e se ne vanno verso il loro safari...

Si riparte. Verso Arua, stavolta davvero. E chissà perché, ingenuamente ti aspetteresti che una delle principali città dell'Uganda debba avere un aeroporto come quelli che tutti quanti siamo abituati a vedere, anche in un Paese africano. Invece, ovviamente, ti sbagli. Ma dopo essere appena atterrata in mezzo alle gazzelle tutto sommato non ti fa neanche effetto più di tanto trovarti di nuovo su una pista sterrata...

L'aereo si ferma precisamente davanti ad un cancello aperto. Non c'è nient'altro. Tu scendi, raccogli il tuo zaino e te ne vai, ecco tutto. Karibu.


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