Good Hope Orphanage

Florence e suo marito hanno una casa-famiglia alla periferia di Arua, in cui vengono ospitati circa 25 orfani dai 3 anni in su. L'Assos sostiene le spese annuali per il cibo, la scuola e le cure mediche dei bambini tramite le adozioni a distanza, e due volte all'anno invia volontari per consegnare i soldi direttamente nelle mani dei gestori dell'orfanotrofio, a differenza di quanto succede presso altre strutture analoghe, in cui il denaro tende a smarrirsi strada facendo, magari anche senza che ci sia necessariamente malafede da parte dell'associazione stessa, ma semplicemente per via delle complesse dinamiche burocratiche africane.

Lo spazio all'interno della casa è poco, e i bambini più grandi dormono fuori, in una baracca senza finestre e senza letti, tutti insieme. Le condizioni del dormitorio e delle latrine sono pessime, ma in compenso tutti i bambini sono in grado di poter studiare, addirittura fino alla Secondary School, contribuendo in minima parte alle spese della famiglia attraverso la fabbricazione e la vendita di mattoni.

Ci hanno invitato a pranzo: Matoke (uno stufato di banane verdi giganti), riso, ignassa, fagioli, Sukrumawiki (piatto keniota a base di verdure che, letteralmente, significa “spingi una settimana”.... tutto un programma....) e frutta. Mangiamo tutti in silenzio, dopo un'ora di scartoffie, fogli, foglietti, accordi, dettagli, foto, consegne.... Elajah (3 anni) ci guarda, serissimo. Non sorride e non parla mai, sembra uno spiritello saggio, con quella sua piccola testa a forma di mezzaluna.

Ci hanno preparato uno spettacolo di benvenuto, dentro l'aula fatta di bambù dove fanno lezione la mattina. Lo spettacolo è bello... loro suonano djembè, cantano, ballano, muovendosi scalzi e morbidi come gatti... ma la situazione è imbarazzante. Mi chiedo come ci vedano, quale sia la loro immagine di noi, che arriviamo da lontano, così diversi, con in tasca i soldi per la loro sopravvivenza e le nostre macchine fotografiche assetate di immagini, per ignoti genitori adottivi altrettanto assetati di inutili simboli...

Dobbiamo visitare un pezzo di terreno da acquistare per un progetto di ampliamento dei dormitori che (forse) verrà finanziato il prossimo anno e ci intrufoliamo in mezzo ai vicoli, fra orti, capanne, panni stesi e stuoie piene di gente che ci guarda passare con occhi interrogativi. Il terreno è grande, ci sarebbe addirittura l'acqua... peccato che il progetto di costruzione dei dormitori in quel punto preveda l'abbattimento di un paio di capanne fatiscenti, piene zeppe di gente poverissima! No, Mario dice che non se ne fa di nulla (per fortuna...) e che devono trovare altra terra.

Torniamo ancora, un paio di volte. Alla fine pare che la soluzione più scontata sia anche la migliore: il progetto potrebbe essere realizzato accanto alla casa, dove lo spazio è abbastanza grande. Sembra un posto perfetto, e viene da chiedersi come mai non sia stato preso in considerazione fin dall'inizio...

In effetti qui è estremamente complesso gestire progetti, di qualunque tipo. Sembra sempre che ci sia qualcosa di insondabile, di non-detto, qualcosa che non sei in grado di prevedere o di valutare. L'unico (raro) appiglio che hai è la fiducia nella persona con cui hai a che fare, e Florence si è conquistata questa fiducia nel tempo, con la sua limpidezza, la correttezza, la precisione e quello sguardo pacato e intelligente.

Non possiamo fare molto altro che fidarci di Florence e dare l'ok. Se il progetto verrà finanziato l'orfanotrofio avrà dormitori e bagni nuovi, e sarà in grado di ospitare altri bambini.


Nessun commento: