African people

Questa gente è un regalo.

Non è facile cercare di spiegarlo, di trasmettere la loro forza, la solidità, il valore.

C'è una differenza abissale fra questo popolo e il nostro. Lo so, è un'ovvietà... ma ha un impatto profondo su di te, quando ti fa rendere conto di quanto marciume ti porti addosso senza neanche esserne consapevole. Una muffa di condizionamenti, diffidenza, fretta, noncuranza, superficialità. Qui non c'è niente di tutto ciò.

La cosa che colpisce per prima è l'apertura, l'atteggiamento nei confronti della diversità (noi, in questo caso...). C'è una disponibilità, una forma di accoglienza profonda, che è un abbraccio.

Non dipende solo dalla nostra posizione, dal fatto che siamo qui per aiutare e che molti di loro ci vedono come un'opportunità. C'è anche questo, è vero. E spesso bisogna fare attenzione a come muoversi, cosa dire (e ancora di più cosa NON dire), prevenire le richieste, le fregature.

C'è chi ti chiede dei soldi solo perché hai fatto una foto ad un albero, chi cerca di fregarti e farti pagare il triplo del normale, chi si inventa false tragedie familiari per poterti chiedere del denaro.

Ma c'è qualcos'altro, soprattutto lontano dalle città: un'accettazione senza riserve, una tendenza istintiva alla condivisione, una serenità d'animo, che sono qualcosa di innato in questa gente. E che ti lascia senza fiato.

Mentre cammini da solo lungo una sentiero in mezzo alla campagna tutti - ma proprio tutti - quelli che ti incontrano ti sorridono, ti salutano, ti parlano, anche solo un attimo, anche solo per chiedere il tuo nome. Qualcuno è in mezzo al campo a lavorare la terra, o seduto in terra davanti alla capanna, ma quando ti vede arrivare ti viene incontro, con quella lentezza serena, solo per stringerti la mano e dirti “Karibu” (benvenuto).

La stessa serena accettazione la applicano alla loro esistenza. Qui la vita non è facile, la gente non ha nulla, è molto diverso dal Kenya. In compenso ci sono l'AIDS, la malaria, l'ebola e tutto quello che ti può venire in mente. Molti si ammalano, quasi nessuno di loro è in grado di curarsi, e molti muoiono (ed è impressionante la frequenza con cui si sentono funerali, considerando che vengono fatti nelle case private e che attorno a casa nostra non ci sono poi così tanti villaggi...).

La realtà la tocchi con mano, ma difficilmente riesci a vedere nelle persone quella che noi chiamiamo “sofferenza”.

Sembra che questa gente accetti serenamente tutto ciò che gli arriva dal cielo. Con quel sorriso e quell'argento negli occhi. E paradossalmente questo rende tutto ancora più complicato perché non infonde a questo popolo la forza necessaria a reagire, a impegnarsi per il proprio futuro, a spingersi avanti per contrastare il destino. Di sicuro però, ha l'effetto di farti sentire un coglione, quando pensi alla tua eterna insoddisfazione, alle tue lamentele, alla depressione immotivata.

Il contatto con queste persone ti dilata i pori dell'anima. E' buffo, dovresti essere qui per dare loro qualcosa, invece è molto di più quello che ricevi da loro.

Poi ci sono i bambini. Non ho mai visto tanti bambini tutti insieme.

Sono indescrivibili, e hanno un sorriso che ti apre semplicemente in due...

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