Giorni di Moyo

Moyo è lontana, terribilmente lontana da tutto. Estremo nord dell'Uganda, al confine con il Sudan.
Non ci sono buone strade, non c'è corrente elettrica, non ci sono mezzi, e dal resto del Paese non arriva praticamente niente eccetto (pare) l'alcool, che viene consumato generosamente da un po' tutti gli abitanti.
I nostri giorni all'orfanotrofio scorrono via come una manciata di secondi.
La mattina presto c'è il giro quotidiano all'ospedale centrale, per visitare le bambine dell'orfanotrofio ancora ricoverate per la malaria. Pare che quella sia la norma: praticamente ogni settimana c'è qualche bambino che ha bisogno di essere ricoverato. E ogni tanto qualcuno di loro non ce la fa.
Alla nostra prima visita si è mobilitato tutto il personale dell'ospedale al completo; dottori e dottoresse che si prodigavano in mille presentazioni, spiegazioni, giri panoramici dei reparti, in cerca di un aiuto, un sostegno, o anche solo una testimonianza.
L'ospedale sembra migliore di quello di Maracha, anche se i problemi sono i soliti: praticamente manca tutto. Non c'è corrente elettrica, non c'è benzina a sufficienza per far funzionare i generatori (e le poche strumentazioni), non ci sono medicinali, non ci sono computer, non c'è acqua corrente. La mattina verso le 5 le suore che si danno il cambio nella stanza delle bambine devono percorrere infinite volte due piani di scale con i secchi in mano, per riempire una scortecciata vasca con l'acqua necessaria per lavare le bambine durante la giornata. E loro sono le più fortunate, visto che la maggior parte degli altri degenti non ha a disposizione nessuna vasca da riempire.
E' un po' triste seguire quei medici lungo i corridoi e ascoltare i loro racconti, le loro necessità, le richieste... Loro sono fiduciosi, hanno quella incrollabile convinzione che il “Ricco Bianco Europeo” che piove loro addosso dal cielo possa con un semplice schiocco delle dita risolvere qualunque tipo di problema, portare pannelli solari in quantità, fornelli a gas, campane solari per bollire l'acqua, mezzi di trasporto.... E' difficile spiegare loro che non sappiamo se potremo fare qualcosa, che non dipende direttamente da noi, che le cose non sono semplici, le dinamiche burocratiche ingarbugliate, e che i soldi mancano (questo sì, è proprio impossibile da spiegare).
Ma stiamo attente, prendiamo appunti, annotiamo contatti, cerchiamo di capire l'ordine di priorità delle cose, sperando che l'Assos possa davvero fare qualcosa nei prossimi anni.

Sister Maureen ci coccola come una mamma e nel frattempo ci porta in giro il più possibile, cercando di farci toccare da vicino i problemi della comunità.
Conosciamo Sister Alice, che si occupa dell'inserimento professionale delle donne e si sbatte per cercare di tirare su una scuola decente per poter insegnare loro un mestiere, poi la direttrice della primary school della città, a cui manderò libri in braille per i bambini non vedenti.
Ogni persona che conosciamo ci dipinge la propria storia di bisogni e mancanze, ma anche di forza e tenacia. Però traboccano dignità, tutti quanti: nessuno di loro ci ha mai davvero CHIESTO qualcosa.
Facciamo una breve visita all'orfanotrofio di Redeema, costruito interamente dall' European Refugee Fund di Londra e chiaro esempio di come la quantità di fondi di alcune associazioni europee non sia neanche lontanamente paragonabile alla nostra.... L'orfanotrofio è grande, pulito, organizzato, attrezzato con pannelli solari, tanks per la raccolta dell'acqua piovana, pompe idrauliche funzionanti, allevamento di galline in batteria...
L'unica nostra consolazione è che tutti i bambini del Moyo Babie's Home, una volta raggiunta l'età di 6 anni si trasferiranno qui (sempre se saranno sopravvissuti alle malattie, alla fame, e anche a una buona dose di sfiga a spruzzo...) e potranno studiare fino a 16 anni.
E' triste, ma non c'è un rimedio, una via alternativa: qualche villaggio, qualche struttura, qualche fortunato riceve sostegno, aiuti, denaro, bei progetti portati avanti..... E qualcun'altro no. Punto. Non ci puoi fare niente, è così e basta. Impossibile (e forse inutile) dare pochissimo a tutti. Il tanto-a-pochi è più raggiungibile.
Mi dico che a me brucia troppo vederlo, che non ce la farei a fare questo mestiere, non sono abbastanza impermeabile.
Ci siamo sfogate solo in parte facendo un giro approfondito del “nostro” piccolo orfanotrofio e facendoci svelare ogni singola magagna da Maureen, prendendo appunti e spunti da infilare nella relazione finale. Molte cose sono raggiungibili, alla portata dell'Assos: servono una pompa per l'acqua a pannelli solari come quella che abbiamo messo a Oluko, impianti di irrigazione per il piccolo orto (che ora può fornire frutta e verdura ai bambini solo durante la stagione delle piogge), bollitori per l'acqua a convezione solare, e una quantità di altre cose....
Servirebbero medicinali, moltissimo. Soprattutto contro la malaria. Abbiamo passato una giornata a spulciare quelli che abbiamo consegnato qui a scatola chiusa la settimana scorsa insieme a Mario e Gianluca... Ed è stata una delusione totale. A parte una quantità industriale di latte in polvere, i medicinali veramente utili erano pochi, e qualcuno era scaduto. Oltretutto le indicazioni erano ovviamente tutte in italiano e abbiamo dovuto passare una mattinata a tradurre tutto in un quaderno, perché le suore potessero capirci qualcosa.
Ho tentato di smorzare il mio moto di furore e insofferenza ragionandoci un po' su.... le raccolte dei medicinali non sono facili e in fondo si tende a raccogliere un po' “tutto quello che c'è” (che è sempre meglio di niente), dopodiché gli scatoloni viaggiano per mesi e mesi in un container, via mare, e restano fermi in qualche porto per altri mesi e mesi in attesa che si trovino i soldi per le tasse.... ok, ci può stare che qualcosa scada nel frattempo. Però che rabbia essere qui quasi a mani vuote.....

Ogni giorno, appena abbiamo qualche ora libera la passiamo coi bambini. Appena ci vedono al cancello ci corrono incontro per tutto il giardino. E poi tutto diventa solo un vorticare di mani, occhi, abbracci, sorrisi, frasi sconosciute, palle lanciate, altalene, giravolte impazzite, caramelle, pane in cassetta, pipì (i pannolini non esistono!), pianti, piccole zuffe, minuscole dita sull'obiettivo, vasini, mosche, pappe, nasi eternamente colanti. E amore.

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