Sanità

Stamani Sebastian ci aspetta davanti alla siepe, seduto per terra, paziente, ma con lo sguardo smosso da lampi di angoscia trattenuta a stento. Si sorregge un braccio con l'altra mano.

All'inizio non vedo bene, mi avvicino e chiedo cosa c'è che non va. In effetti non c'era molto bisogno di chiederlo.... (la stupida): Seba ha una mano talmente gonfia che sembrano due. Il dito indice ha le dimensioni di mezza salsiccia e sotto la pelle tesa si vede il colore giallastro del pus. L'infezione è parecchio avanzata e il gonfiore arriva fino al gomito. Non riesce neanche a muovere la mano dal dolore.

Penso: Ok, lo portiamo all'ospedale, il più “di corsa” possibile (l'African Time qui vale per tutti, anche per noi). Ma pare che Seba preferisca andare ad un Health Center, perché ci sono meno code, perché conosce il medico e per altri motivi che non capisco (quella mano bene in vista non aiuta a concentrarmi gran che sul suo traballante inglese. Né sul mio..).

L'health center non è altro che una specie di farmacia con una piccola stanzetta annessa, dove un medico si arrangia a curarti con quello che può.

Mentre lui aspetta il suo turno insieme a Raffa, io mi butto nell'avventura quotidiana dell'acquisto di materiali... sperando di non metterci il solito tempo indefinibile.

Chissà cosa mi aspettavo da quell'health center... Non saprei dirlo. Ma quando torno trovo Raffa sconvolta sulla panca. Poi capisco: stanno “operando” la mano di Seba con una lametta da barba, senza la minima traccia di un qualunque tipo di aiuto contro il dolore. Niente ombra di ghiaccio. Né tantomeno della bottiglia di cognac da film western che mi è inspiegabilmente saltata in mente.

Il grande, forte Seba piange e urla come un bambino ed è intollerabile sentirlo, farebbe pietà a un sasso.

Il tutto avviene nella più totale normalità. La porta fra le due stanze è aperta, qualcuno compra delle pillole, qualcun altro è seduto sulla panca ad aspettare il proprio turno. C'è addirittura una bambina piccola con la mamma. Seba è lì bene in vista al di là della porta, urlante e con la sua mano aperta, e nessuno si smuove di un pelo, nessuno si scompone. Neanche la bambina...

Io solitamente sono pessima in queste cose, non riesco a guardare le ferite, a tollerare il sangue degli altri, il dolore. Ma ho una strana, incosciente reazione: mi butto di là a cercare di confortarlo, dirgli qualcosa, stringergli una spalla, che ne so..... Lui probabilmente neanche se ne accorge.

Non l'hanno neanche fatto sdraiare, è semplicemente seduto sulla sua panca, coraggioso e piangente.

Ovviamente evito accuratamente di posare lo sguardo sulla mano. Mi concentro, risoluta, sul muro di fronte a me, ma capisco dai movimenti e dalle urla che il medico sta strizzando tutto il braccio per far uscire il pus. Quando cerco di stringere la sua mano sana mi ritrovo la mia imbrattata di sangue.... Eccoci, ci mancava pure questa. Mi pulisco strusciandola sul muro e non posso fare altro che sperare che Seba non abbia malattie troppo gravi...

Alla fine del trattamento e della medicazione qualcuno ci assegna delle bustine di plastica con qualche preziosa pillola di penicillina e antibiotici. Ci vorranno ancora altri 5 giorni di medicazioni. In tutto fanno la bellezza di 28 mila scellini, cioè meno di 12 euro. 12 euro che valgono una mano, ma che Seba, come moltissimi altri, non avrebbe potuto permettersi di spendere.


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