The Gaagaa Coach

Avevano provato in tutti i modi a dissuaderci, soprattutto Mario: perché massacrarsi con un viaggio di 7 ore in pullman, quando puoi tornare comodamente a Kampala in aereo?

E aveva condito la frase con una piccola dose di terrorismo psicologico, dipingendo per noi scene di viaggi sul Nile Coach (l'altra compagnia di trasporto): passeggeri schiacciati tra grasse signore sudate e fagotti giganti, su infernali sedili di legno, mentre il caldo soffocante manda in delirio una flotta di galline che perdono tutte le penne (e magari, chissà, potrebbe esserci anche qualche capra impazzita con la diarrea...).

E poi devi prenotare i posti almeno una settimana prima, pagare in anticipo, tornare a controllare due giorni prima, e poi ancora un giorno prima della partenza che i tuoi posti non siano stati venduti nel frattempo a qualcun altro e, nel qual caso, discutere....

Solo dopo, aveva terminato con un'impercettibile nota positiva: “il Gaagaa però è molto meglio del Nile”.

Quindi, preoccupate ma testarde (MAI saremmo tornate indietro in aereo! Per principio), eravamo pronte a tutto.

In realtà poi, a bordo del Gaagaa, abbiamo ovviamente fatto uno dei nostri viaggi più comodi e piacevoli in assoluto.

Ci siamo accaparrate i posti migliori, accanto all'autista, con la dovuta settimana di anticipo. Tra il parabrezza e noi c'era talmente tanto spazio che ci siamo accampate indegnamente, disseminando zaini, sacchi, scarpe, calzini, libri, cesti, bottiglie, cenci, avanzi unti di cibo... una vera vergogna.

A dispetto delle nostre gambe completamente stese e libere di muoversi, non è stato possibile dormire, ma solo perché guardare fuori dal finestrino (anzi, guardare DAVANTI a noi, attraverso il parabrezza gigante) era troppo bello.

Un'interminabile strada che corre in mezzo all'Africa, attraversando steppe, boscaglia, colline morbide, picchi di roccia, minuscoli villaggi di fango, distese di sacchi di carbone, mandrie di mucche emaciate dalle lunghe corna, fiumi e ruscelli (e il Nilo! Le rapide delle Marchinson!), paludi di papiro e gazzelle...

Ogni tanto, qualche sosta nella polvere. E l'assalto dei venditori, che compaiono in mezzo al nulla. Gli uomini arrostiscono spiedini di capra su bracieri improvvisati e, quando ne hanno messi insieme un bel mazzo, tentano di infilarteli ovunque, dal finestrino.

Nel caso ti servisse, qualcuno è lì pronto per venderti anche un bel pollo vivo, appeso a testa in giù per le zampe.

Le donne hanno enormi ciotole in testa, e ognuna declama la sua merce: uova sode, quarti di pesce fritto, samosa di ceci, pasta fritta alla keniota, ananas, chapati già arrotolati.

Il tutto è condito con abbondante polvere, ma è comunque buono.

Con la loro ciotola sulla testa arrivano precisamente all'altezza del finestrino, così non devi neanche prenderti il disturbo di scendere... Non puoi dire di no.

Qualche cambio di passeggeri e poi si riparte. Non incontriamo macchine, solo gente a piedi (perlopiù donne con i loro schiaccianti fagotti e le loro taniche d'acqua) e qualche raro camion pieno di merci, o di persone, o di entrambe le cose insieme.

E c'è una cosa su cui Mario aveva però tristemente ragione: le condizioni del manto stradale.

Mai visto niente del genere.

I simpatici cinesi, dopo aver costruito e asfaltato le strade per raggiungere più comodamente tutti i luoghi pieni di risorse da sfruttare, si sono poi disinteressati della manutenzione e hanno finito per abbandonare i tratti meno redditizi.

C'è un lungo tratto di strada in cui l'asfalto è lasciato a se stesso da chissà quanti decenni.

In mezzo alla carreggiata ci sono talmente tante buche, e talmente profonde, che i camion preferiscono uscire di strada e guadagnarsi il passaggio lungo i bordi, sulla terra nuda ancora libera dalla vegetazione.

Per l'autista non è niente più che “normale amministrazione” correre come un pazzo in mezzo alle buche, schivandole all'ultimo momento per buttarsi fuori strada, mentre nell'altra direzione arrivano matatu contromano a tutto fuoco, strombazzando allegramente... Noi invece, a dispetto delle risatine a denti stretti, siamo un po' scosse. In un paio di occasioni ho avuto la netta sensazione che ci saremmo ribaltate e saremmo finite schiacciate in una buca: voilà, morte e sepolte in una mossa sola.

Ma dopo diversi chilometri di panico, ecco sbocciare un altro fiore dello spirito africano: sui bordi della strada ci sono gruppetti di ragazzi armati di pale che, in modo del tutto spontaneo, si dedicano alla strada. Vanno in cerca di sassi, li accatastano, riempono le buche, poi ci versano sopra polvere e sabbia e battono il tutto con la pala.

In cambio ricevono l'elemosina degli autisti.


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